Georgia, la Russia calpesta l’Europa
Georgia, la Russia calpesta l’Europa
Fenced In: Stabilising the Georgia-South Ossetia Separation Line
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Op-Ed / Europe & Central Asia 3 minutes

Georgia, la Russia calpesta l’Europa

Le truppe russe non si sono mai ritirate e Mosca mantiene forte la presa su Ossezia del Sud e Abkhazia. La collera dei georgiani è rivolta più contro i russi che contro il presidente georgiano Saakashvili, nonostante sia opinione diffusa che non abbia saputo gestire la crisi. Calpestata la credibilità dell'Europa.

Da ormai un anno a questa parte, nel Caucaso del sud le provocazioni si moltiplicano, da una parte come dall’altra. Bollate dalla maggior parte degli artefici politici europei come semplici "scaramucce di stagione", scaturiscono dalla guerra dello scorso agosto tra osseti e russi da un lato e georgiani dall'altro. Nonostante due accordi di pace, la situazione sul terreno non è certo migliorata: i russi hanno saldamente in mano il controllo delle due repubbliche indipendentiste, Abkhazia e Ossezia del sud, che sembrano rendersi conto ogni giorno di più quanto il riconoscimento della propria indipendenza da parte di Mosca consista in realtà nella condizione di un vassallaggio incondizionato nei confronti del grande vicino del nord.

La collera dei georgiani, contrariamente alle aspettative russe, è in gran parte rivolta verso la Russia e non verso il presidente Saakashvili, malgrado rimanga largamente diffusa nel paese l'opinione che egli abbia gestito molto male la crisi dell'anno scorso. La Russia, come Mosca non cessa di ripeterci, "ha raggiunto in Georgia tutti gli obiettivi prefissati”, e non ha al momento intenzione di commettere altri soprusi, almeno finché può godere dei suoi nuovi possedimenti. Quanto all'Unione Europea, portata coraggiosamente dalla presidenza francese a giocare un ruolo di primissimo piano nelle trattative che hanno determinato il cessate il fuoco, esulta nello scoprire la propria potenza politica, rifiutando così  di  aprire gli occhi di fronte a una situazione che lascia di fatto ben poco spazio all’autocompiacimento poiché gli accordi firmati con gli Europei, in realtà, non vengono minimamente rispettati da Mosca!

Le truppe russe non si sono mai ritirate sulle posizioni antecedenti il conflitto, ed hanno lasciato le milizie ossete perpetrare una pulizia etnica contro la componente georgiana presente in Ossezia. Alcuni villaggi sono stati interamente rasi al suolo; il presidente “de facto” dell'Ossezia del sud ha più volte dichiarato pubblicamente, che i profughi  georgiani non ritorneranno mai in Ossezia senza che la Russia, finora incurante dei propri obblighi internazionali, dia un segno di assenso.

Sembra che quelle voci che a Mosca hanno aspramente criticato gli sforzi occidentali, senza dubbio spesso maldestri nell’assicurare la sicurezza dei serbi ortodossi nel Kosovo, tacciano quando si tratta di difendere i diritti di un altro popolo ortodosso: i georgiani in Abkhazia e in Ossezia del sud.

Mosca si è  inoltre servita del proprio veto al Consiglio di sicurezza per evitare che la missione ONU in Abkhazia venisse prolungata. Peraltro lo scorso aprile, il presidente Bagapsh indirizzava, proprio a chi scrive, un’apologia della suddetta missione e si dichiarava senza esitazione a favore del suo mantenimento in territorio abkhaziano. Evidentemente tale opinione conta sempre meno, perché è Mosca che in misura sempre maggiore decide cosa sia bene o male per l'Abkhazia... A Vienna  è ora il turno della missione Osce, messa a repentaglio da Mosca nonostante le resistenze greche a suo sostegno. La diplomazia multilaterale russa lavora così validamente che la Georgia sarà privata delle sue due missioni internazionali più corpose.

Quale sarà  l'interesse russo, avendo raggiunto, ricordiamolo, "tutti i propri obiettivi in Georgia", nel creare contemporaneamente in questo stato un vuoto diplomatico e umanitario? La missione di monitoraggio dell'Unione Europea si ritroverà ben presto sola all'interno del paese e continuerà a pattugliare proprio laddove piace al Cremlino: sul "confine" dell'Ossezia, che però l'Unione Europea non riconosce come tale. Fino a che i russi non avranno interdetto il dispiegamento degli osservatori europei in Ossezia del sud ed in Abkhazia, l'Europa altro non farà che ratificare - sul campo - una situazione che in teoria considera inaccettabile.

Di fronte all’esplosività di tale conflitto, i silenzi di Bruxelles e Parigi in realtà bene rispecchiano lo stato delle cose: una deliberata scelta di impotenza. Mosca calpesta non solo la credibilità di Nicolas Sarkozy, ma anche quella dell'Europa. Parigi e Bruxelles hanno chiaramente deciso di lasciar correre senza alterarsi inutilmente e trincerandosi dietro un processo di Ginevra che non porterà a nulla se non a confondere le acque nell’ambiente della comunità internazionale. Il Caucaso resta in una situazione esplosiva, fino a quando la Russia continuerà a non perdonare ai suoi partner le loro debolezze. In queste circostanze, non serve essere profetici per intravedere che una politica così conciliante viene pagata al prezzo di un vero e proprio smacco diplomatico, e a nulla contribuisce se non a preparare la crisi successiva.
 

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